giovedì 26 marzo 2009

Italia

26/03/09

Il freddo e il vento pungente di Roma mi hanno accolto appena uscito dall’aereo. Ero in ciabatte e i piedi mi si sono subito ghiacciati, le scarpe erano nella borsa spedita per il check in, quando mi sono imbarcato chi ci pensava al freddo italiano e a tutte le problematiche correlate?
Ogni volta che torno da questo tipo di viaggi mi ritrovo sorpreso da come tutto è completamente diverso dall’India, tutto è pulito, sterile, ordinato, ricco, organizzato, … ma anche frenetico, vuoto, spersonalizzato, triste e prevedibile. La cosa che subito mi colpisce sono i volti delle persone, nessuno sorride. Ognuno è immerso nei suoi problemi e pensieri, sempre in lotta con se stessi. E immensa tristezza mi fanno le ragazze, vestite di tutto punto e sempre incazzate, nessuna si degna di ricambiare lo sguardo, impensabile un saluto. Alcune si comportano come principesse, altre sembra che abbiano tutti i problemi del mondo, ed osservo queste deprimenti ed omologate vittime del condizionamento sociale con la nostalgia della mia amata India, dove il sorriso e la voglia di comunicare è la regola base dei viaggiatori.
Ed è proprio l'atmosfera di fratellanza e comunità dei viaggiatori che si ritrovano in India ciò che più mi attira di quei posti. Un luogo dove non vengo giudicato per ciò che indosso, per il lavoro che faccio e per i soldi che ho in banca. Un luogo dove non si parla di macchine, di grande fratello e dove la televisione non viene nemmeno presa in considerazione. Un luogo dove c'è tempo e voglia di parlare, di ascoltare, di confrontarsi, di suonare, di stare in silenzio attorno al fuoco. Un luogo dove si arriva fiduciosi e dove riceviamo il sorriso ed il benvenuto e si diventa subito parte della comunità. Questo per me è fondamentale e sapere che esiste un luogo del genere mi dà la forza di affrontare le avversioni della nostra civiltà e mi auguro che un giorno anche nel nostro mondo civile ci sia un’atmosfera come quella che trovo in India. A quel punto non avrò più bisogno di viaggiare, poiché finalmente non mi sentirò più un estraneo nel mio paese.

Gokarna - Arambol

12/03/09

Solo adesso mi rendo conto che sono quasi tre settimane che non aggiorno il diario.
Il tempo ha perso completamente il suo valore convenzionale, le giornate sono scandite dal sonno, la sete e la fame. Questi bisogni primari, insieme all’alternarsi del giorno e della notte sono gli unici richiami al fattore tempo. Ma non esiste ieri, oggi, domani. E’ difficile da spiegare, è come vivere allo stato animale, beato nel momento presente, dove le cose accadono da sole e ne partecipo con totale accettazione, abbandonandomi completamente alla bellezza della grazia senza tempo.
Complice è la magia del viaggio, l’atmosfera di fratellanza e comunità e lo stile di vita semplice. Inizia a fare davvero caldo, la stagione volge al suo termine, Gokarna è ogni giorno sempre più vuota e durante le ore più calde non si vede nessuno. Tuttavia al tramonto ci ritroviamo sulla spiaggia a contemplare il sole morente, e la sera ci si raduna intorno al fuoco.
La mia ultima sera di Gokarna l’ho trascorsa nella caverna di Shiva con il baba e gli amici più cari, i raggi della luna entravano dentro creando un’atmosfera surreale, il baba cantava i mantra e i fumi inebriavano l’aria. In questo contento magico ci siamo dati non l’addio, bensì l’arrivederci in future avventure.

Adesso sono ad Arambol, nello stato del Goa. Negli anni settanta questo era il paradiso degli hippie, adesso le cose sono cambiate e nonostante se ne vedano ancora in giro, ci sono anche molti turisti.
Comunque l’atmosfera mi piace, è molto rilassata. La sera c’è sempre qualcosa da fare ed il più gettonato è il reggae party del Coco Loco, dove ci ritroviamo a ballare fino a tarda notte.
Ormai ho i giorni contati, il rientro in Italia è alle porte, e non son sicuro di esser pronto a questo evento scioccante, così non ci penso e me ne vado a giocare con le onde. Peace.

lunedì 23 febbraio 2009

Mahashivaratri

Tutto muta, il cambiamento incessante lavora dentro di noi, e' nell'universo, la forza di Shiva presente in ogni singolo atomo, e' la Shakti, l'energia che crea.
Il mutamento ciclico dentro di noi, e l'esplosione del tempo.
Shivaratri, l'energia si sente, tutto vibra, questi sono giorni speciali a Gokarna. Sono con il baba, i fratelli e le sorelle di viaggio. Il baba recita dei mantra ipnotici, il suo guardo e' fortissimo, penetrante ed enigmatico. La voce roca proviene da tempi misteriosi, Shiva immobile nella suprema postura dell'equilibrio cosmico ci benedice. Tutto e' avvolto dai fumi sacri che avvolgono le nostre menti regalandoci disegni divini.
Ci sono bambini che giocano e disegnono Shiva su fogli di carta, altri vengono allattati dal seno della madre mentre il padre inspira la forza di Shiva dal cilum a forma di serpente. Siamo in cerchio, una comunita' di eta' e provenienze diverse con la radice dell'Assoluto in comune.
Siamo uniti, in armonia, ci vogliamo bene, accettazione, fratellanza. Il tempo si e' fermato e tutto ci gira intorno. Gli affanni del mondo quotidiano, la cattiveria dei potenti, le negativita' e l'oppressione dei vincenti non arrivano fin qua, ci girano intorno come una ruota attorno all'asse, ma qui siamo al sicuro, non irromperanno mai nel nostro tempio, poiche' quello e' eterno ed invincibile, lo portiamo dentro di noi da sempre. E' il tempio dell'amore, dell'unione con la terra, il rispetto per cio' che ci circonda e ci da' la vita.
Sembra di essere in un altro pianeta, sono emozioni che ci vogliono proibire perche' la guerra e il vincente non hanno spazio in un mondo del genere, ma invece siamo qui, sulla Terra, e sinche' esistono questi momenti e questi spazi divini, forse tutto non e' ancora perduto.

domenica 22 febbraio 2009

Gokarna

900 km, 20 ore di treno e da Varkala arrivo a Gokarna alle quattro del mattino.
Non esattamente a Gokarna, ma in un paese distante 30 km.
Questa e' la stazione dove devo scendere ed aspettare il bus delle 6.15.
Cosi' arrivo a Gokarna alle sette e mezzo, Kudle Beach sara' la mia meta.
Rudy, l'amico francese e' da due settimane in una guesthouse nel bosco di Kudle Beach, cosi' decido di raggiungerlo.
Ricevo un caldo benvenuto con pane, tea e biscotti da parte sua e dagli altri viaggiatori che risiedono qui.
L'atmosfera e' rilassata, ci sono sei stanze che formano una cerchio intorno ad una corte ombrata. Non c'e' elettricita', l'acqua si prende dal pozzo con il secchio e per la toilee abbiamo a disposizione l'intero bosco.
Le stanze sono formate da sassi rivestiti con la merda di mucca, si dorme con un materasso in terra o fuori all'aperto.
Sulla parete della mia stanza e' disegnato un grande Shiva, mentre Laxmi, Krishna, Ganesha, Saraswati e Rama sono gli altri dei che proteggono questo magico posto.
Si scorge il mare dietro le palme e il canto delle sue onde e' l'unica cosa che si ode durante la notte.
Le giornate passano all'insegna del rilassamento, contemplazione, socializzazione.
La gente e' molto amichevole, si fa amicizia facilmente con tutti e questo e' proprio uno dei posti, Gokarna e le sue spiagge, che sento altamente benefico per me, buone vibrazioni.

Domani l'altro sara' Shivaratri e tutta Gokarna e' in festa: luci, fuochi, musiche, canti, balli, processioni, santoni, pellegrini, mendicanti, venditori, elefanti, immagini sacre, carri giganteschi trascinati da centinaia di persone, campane, ... si aspettano un milione di persone che dormiranno sulla spiaggia.
Ieri e' venuto un baba a dormire con noi e per il benvenuto il cilum a forma di serpente ha buffato fumi sacri.

lunedì 16 febbraio 2009

Come un tiro di dadi

Che bello viaggiare, sentirsi trasportare dal vento e giocarci come un bambino con l'aquilone!
Posso decidere di rimanere in un luogo per molto tempo, o partire il giorno stesso.
Le destinazioni sono infinte, se ne decide una e si va. Oppure se ne decide una e poi si va da un'altra parte perche' all'ultimo momento abbiamo cambiato idea, perche' pochi minuti prima di partire abbiamo letto o parlato con qualcuno di un altro posto, o la strada pe rarrivare alla nostra meta e' bloccata e si cambia direzione.

Ho posticipato il volo di ritorno al 21 marzo, adesso ho nuovamente un mese di avventure.
Sono nel sud del Kerala, posso decidere di andare al nord sull'Himalaya, adesso dovrebbe fare meno freddo lassu', oppure fermarmi a Gokarna, tornare a trovare baba Cesare, andare a Benares, volare in Tailandia, in Pakistan.
Le scelte sono infinite e non so cosa faro' domani, dove e con chi mi trovero', saro' stanco e affamato nel pieno della notte in un posto isolato, o riposato e sazio, contento, frustrato.
Questo e' il bello del viaggio, essere padroni delle proprie scelte e poi lasciarsi trasportare dagli eventi, dalle coincidenze e vedere cosa succede.
E' come tirare i dadi: siamo noi che li soppesiamo, li facciamo girare nella nostra mano, decidiamo come e quando tirarli, in quale preciso punto del tavolo, con quale forza, ma una volta lanciati che numero verra' fuori? Non sapremo mai quale sara' il risultato del nostro tiro, dipende da moltissime altre variabili che sfuggono totalmente al nostro controllo. Ed e' proprio questo il bello del gioco, del viaggio, e' grazie a questa incognita che il viaggio e' affascinante e misterioso.

Fort Cochin - Kerala

Passeggio per le strade di Fort Cochin, tra negozi di vestiti e oggettistica. I ristoranti sono solo per turisti, non si trova una trattoria locale. Tutto e' appositamente fatto per gli occidentali, ed infatti questa e' una meta turistica per le famiglie europee e per i viaggi organizzati.
Fort Cochin e' un'isola collegata alla terraferma tramite ponti e traghetti. E' il punto di partenza per un giro nelle backwaters, cioe' gli innumerevoli canali che serpeggiano tra le fitte foreste di palme di tutto il Kerala. Si puo' decidere di passare la notte a bordo dell'imbarcazioni con tutti i comfort possibili.
Cosi' sono circondato da turisti ben vestiti, da ristoranti costosi e da negozi profumati.
E' un posto tutto sommato che anche un viaggiatore come me puo' apprezzare per un giorno o due, ci si rilassa osservando i pescatori che usano le antiche reti da pesca cinesi, o andando a teatro e vedere la tradizionale danza del Kerala, o un'esibizione di Kalipprayat, l'arte marziale locale che si dice abbia dato origine a tutte le altre.
Poi si riparte per mete piu' "indiane".
Immerso nei miei pensieri entro in una stradina secondaria e proprio in quel mentre va via la corrente.
Continuo per questa strada al buio, e sento delle voci non lontano di fronte a me. Quando mi avvicino capisco che sono arrivato in un posto dove nessun turista di Fort Cochin e' mai stato. Sono all'ingresso di un bar, di quelli stretti e lunghi, sporchi, dove gli indiani, per lo piu' anziani, vanno a bere fino a devastarsi.
Il barista e' riparato dagli avventori da una gabbia di ferro, ed i liquori vengono fatti passare attraverso un piccolo uscio.
E' un covo di emarginati che trovano conforto annientando temporaneamente la loro volonta', e' un mondo reale e cosi' entro dentro.
Il locale e' fumoso ed illuminato solo da qualche candela, prendo una birra e subito vengo avvicinato da due o tre persone, chiaramente ubriache. Mi chiedono come mi chiamo, da dove vengo, mi stringono la mano amichevolmente piu' e piu' volte e mi offrono una sedia al loro tavolino.
Continuano a farmi domande, per lo piu' in Malayam, la loro lingua, ed io non capisco niente. Qualcuno si sforza di parlare in inglese ma la lingua gli si avvolge su se stessa, impastata dal rum.
Il piu' anziano mi offre un beedi, tabacco avvolto da una foglia di eucalipto.
Un ratto attraversa il nostro tavolino, c'e' chi canta a squarcia gola, chi sputa, chi rutta, chi urla e chi casca dalla sedia.
Mi dicono che loro sono tutti pescatori, di quelli che di giorno vengono fotografati dai turisti e di sera dimenticati.
Un avventore ruba un bicchiere di rum ad un altro mentre questo e' girato di spalle. Subito gli animi si accendono e il ladro viene letteralmente buttato fuori.
Dopo pochi minuti rientra dentro in cerca di altri bicchieri da bere e nessuno ci fa piu' caso.
Sono al centro dell'attenzione, ogni tanto qualcuno dai tavoli piu' lontani mi si avvicina per stringermi la mano, c'e' chi mi abbraccia e chi mi bacia. Tutti sono ubriachi, lo sono anch'io.
L'atmosfera e' surreale, i volti grinzosi dei pescatori illuminati dalle candele, il fumo, l'odore acre dell'alcool, le urla, il ratto che e' da qualche parte intorno a me.
Rimango con i miei amici per un tempo indefinito, non vogliono che me ne vada, vogliono che rimanga con loro e che torni anche domani.

Munnar - Top Station

Dal balcone della mia camera osservo le stelle, e' buio e solo una luce al neon illumina la strada. Dietro le montagne, ad est, si intravede un pallido bagliore, la luna sta sorgendo.
Dei cani iniziano ad abbaiare, si chiamano e rispondono da tutto il villaggio. Il loro abbaiare risuona per tutta la valle e solo una musichina indiana proveniente dalla casa accanto a me interrompe questo misterioso dialogo.
Il villaggio dove mi trovo e' formato da meno di quaranta abitanti. Di giorno e' meta di turisti indiani che vengono ad ammirare le colline e le montagne, ma di sera tutti se ne vanno, cosi' sono l'unico forestiero a pernottare qui.
Questa e' la partenza ideale per il trekking o per passeggiare tra le curatissime piantagioni di tea, le piu' alte di tutta l'India.
Siamo a piu' di 2.000 metri di altitudine, la notte e' molto freddo ma di giorno cammino nel bosco cercando gli animali selvaggi (si possono vedere anche le tigri ma e' molto difficile) e tra le piantagioni di tea sorridendo alle donne che mi guardano incuriosite.